Legge 22 dicembre 2022 nr 194 – Bilanci di Previsione dello Stato e degli Enti Pubblici per l’esercizio finanziario 2024 e Bilanci Pluriennali 2024/2026

11 Gennaio 2024

Si allega il testo completo della Legge di Bilancio 2024 segnalando gli articoli più significativi:

L194-2023

L’art. 1 demanda al Congresso di Stato di adottare entro il 31 12 24 appositi Decreti Delegati in materia di:

comma 6 attività economiche ad alto contenuto tecnologico ed in particolare che realizzano software

comma11 sviluppo innovativo del comparto economico e di progetti pilota nella logica
di attività innovative

comma17 Codice Ambientale di cui al Decreto Delegato 27 aprile 2012 n.44 e successive modifiche

comma 22  tenuta e conservazione in formato elettronico della documentazione contabile ed amministrativa

comma 23 imposta sulle importazioni sui veicoli

comma 14 Riforma previdenziale (Legge 29 novembre 2022 n.157 e successive modifiche) Decreti Delegati entro il 31 dicembre 2025

L’art. 2 comma 4 prevede la riduzione dell’ imposta di registro per il trasferimento a titolo oneroso di beni immobili e diritti reali immobiliari, di cui all’ articolo 18 della Legge n.223/2020, per gli atti stipulati a decorrere dall’ 1 gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024 ed è estesa alle cessioni di quote ereditarie indivise e cessioni di diritti 22 gennaio 2010 n.8 e successive modifiche

L’art. 2 comma 6-7 prevede anche per l’anno 2024 la rivalutazione dei beni dell’ impresa, e la rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni e strumenti finanziari

L’art. 2 comma 11 tratta le domande di assegno familiare integrativo presentate nell’ anno 2023: il termine per la liquidazione dell’ assegno di cui all articolo 2, comma 12 della Legge 8 maggio 2009 n.64, previsto

per il 31 marzo 2024, è posticipato al 30 giugno 2024. Il termine per la presentazione della domanda

di assegno familiare integrativo di cui all articolo 2, comma 12 della Legge n.64/2009, previsto per

il 31 luglio 2024, è posticipato al 30 settembre 2024.

L’art. 2 comma 12 cita testualmente “con riferimento alla liquidazione della prestazione pensionistica complementare erogata da FONDISS, il termine di cui all articolo 20 della Legge 6 dicembre 2011 n.191, così come sostituito dall’ articolo 5 del Decreto Delegato 21 giugno 2022 n.90, è prorogato al 31 dicembre 2024.”

L’art. 2 comma 19 prevede anche per l’anno 2024 la proroga straordinaria dei termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e degli adempimenti ad esse connessi al 31 Luglio 2024

L’art. 2 comma 21 proroga le norme tecniche relative all’ archiviazione delle fatture elettroniche nell’ interscambio di beni e servizi con l’ Italia al 31 marzo 2024.

L’ art. 4 prevede l’ erogazione dei prestiti a tasso agevolato per l’agricoltura (priorità all’agricoltura biologica), per gli studenti, per l’abolizione delle barriere architettoniche,  per le imprese per la ricerca, (priorità, a chi propone prodotti recuperabili, efficienza, utilizzo risorse e prevenzione di rifiuti) e alle imprese.

L’art. 6 comma 1 Introduce la ritenuta alla fonte a mezzo degli operatori intermediari autorizzati sulle plusvalenze realizzate in servizi in cripto-attività

L’art. 19 prevede la rivalutazione degli assegni familiari

L’art.24 per le piccole imprese – e i liberi professionisti dal 1° gennaio 2024, in alternativa a quanto previsto dall’ articolo 20 della Legge n.157/2022, il lavoratore autonomo od il libero professionista può optare per il calcolo del contributo del fondo pensione con riferimento al reddito effettivamente conseguito nell’esercizio di competenza per due esercizi.

 

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Decreto Delegato 29 Dicembre2023 nr 197- Interventi in materia di accesso alla Cassa Integrazione Guadagni e relative sanzioni

11 Gennaio 2024

Dal 1° gennaio 2024 è possibile accedere in via straordinaria alla Cassa Integrazione e Guadagni rispettando quanto previsto dall’art. 2

Si allega il testo completo del  Decreto ricordando che le sanzioni in caso di rilevata presenza sul luogo di lavoro di lavoratori in C.I.G. ammontano a  ben € 2.000,00 (maggiorata di € 100,00 per ciascun lavoratore coinvolto) e il non percepimento del rimborso della C.I.G. per i lavoratori presenti sul luogo di lavoro dalla data dell’ispezione e per tutta la durata della richiesta.

DD197-2023

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Decreto Delegato 29 Dicembre 2023 nr 199 – Riorganizzazione della Gestione Separata, interventi di coordinamento in materia previdenziale, revisione delle norma in materia di attività lavorativa per percettori di pensione e solidarietà familiare

11 Gennaio 2024

Si allega il testo completo del Decreto Delegato nr 199 che chiarisce tra l’altro alcuni aspetti circa la Gestione Separata di soggetti aventi posizioni plurime e  dei pensionati quali Amministratori Ordinari ed Operativi.

Si ricorda, come previsto dall’art. 4, che eccezionalmente per l’anno 2023 il termine di versamento della Gestione Separata viene prorogato al 29 febbraio 2024 

DD199-2023

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Se le Pmi sottovalutano i rischi connessi alla cyber security

11 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 3 gennaio 2024 di Alessandro Curioni (Esperto di cyber security)

SCENARI 2024/SICUREZZA

La strada che porta le nostre Pmi verso la cyber security non è lunga, ma lunghissima, non difficile, ma difficilissima. I numeri non lasciano dubbi. Il 72,7 % non ha mai svolto attività di formazione in materia; il 79% non adotta l’autenticazione a due fattori per tutti i suoi dipendenti, il 65,3 % non ha mai effettuato verifiche sulla sicurezza dei propri sistemi, per esempio attraverso un penetration test, il 73,3 % non sa cosa sia un attacco ransomware e il 51,9 % degli intervistati ammette di non sapere cosa sia il phishing.

I dati sono significativi non soltanto perché il campione è di

oltre 800 aziende, ma anche per i player convolti, molto vicini allo specifico mercato: Grenke, azienda di leasing operativo leader proprio nel segmento Pmi, e Clio Security, che opera come società

di consulenza nel medesimo ambito, che hanno affidato a Cerved, forte di una base dati consolidata di circa 700 mila imprese,

la raccolta delle informazioni.

I numeri sono senza dubbio rappresentativi e presi singolarmente ci dicono quanto sia grande la distanza che separa la spina dorsale della nostra economia da un corretto approccio alla cyber security, ma è dalla loro analisi che scopriamo perché questa via sia anche difficilissima. In questo senso una prima indicazione arriva da quel 59,7% di rispondenti che dichiara come il tema della cyber security rivesta un’elevata importanza per la propria organizzazione. Apparentemente sembra del tutto incongruo rispetto alle desolanti percentuali di cui sopra. In realtà una spiegazione esiste ed emerge se prendiamo in considerazione altri dati. Il primo si rileva dalle ragioni per cui il 40,3 % delle imprese non considera la cyber security rilevante. Nel 60 % dei casi affermano che la motivazione risiede nel fatto di non trattare dati sensibili, con un riferimento indiretto al mondo della privacy, elemento che viene confermato da quel 75,1 % di rispondenti che ritiene adeguate le misure adottate dalla sua azienda per la protezione dei dati personali. Aggiungiamo infine che quel 37,3 % di aziende che ritiene di avere svolto attività di formazione per i suoi dipendenti, nel 60 % dei casi l’ha affidata al Data Protection Officer, figura prevista dal Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati.

Tali dati segnalano piuttosto chiaramente che le nostre Pmi, nella stragrande maggioranza dei casi, si sono create un’immagine mentale per cui la cyber security si riduce alla conformità rispetto alle normative in materia di protezione dei dati, ignorando completamente che si tratta di due temi molto diversi. Questa situazione produce effetti deleteri perché da un lato stabilisce un senso di falsa di sicurezza, dall’altro determina una resistenza psicologica a investire su problematiche che si ritiene di avere risolto. In questo senso un’indicazione indiretta, che peraltro sfata un diffuso luogo comune, ci arriva dal fatto che appena il 2,4 % del 40,3% delle aziende che non considera la cyber security una priorità (parliamo quindi di una percentuale ridicola) dichiara di non avere denaro da investire sul tema. In buona sostanza quello che si pensava fosse un problema di risorse è invece diventato culturale: e purtroppo, in quanto tale, ha il difetto di appartenere alla categoria di quelli più difficili da risolvere.

Il fatto che il tema della cultura sia una criticità lo dimostra un’altra evidenza. Nello specifico è necessaria una premessa. Precisiamo subito che il rispondente alle interviste è stata la persona che all’interno dell’azienda prende le decisioni in materia di cyber security. Nel 32 % dei casi è risultato essere il titolare, nel 53,5% un altro soggetto con mansioni diverse all’interno dell’organizzazione, nel 9,6 % il Chief information officer e solo nel 4,6 % il responsabile della sicurezza che poteva essere il Chief security officer Chief information security officer. La carenza di personale specialistico o comunque con competenze adeguate produce una conoscenza pressoché nulla sia delle tecnologie di cyber security sia delle forme più diffuse di attacco informatico.

A titolo esemplificativo, l’85% degli intervistati non conosce l’attacco noto come DDoS (Distributed Denial of Service), nonostante questa sigla da almeno un anno imperversi su tutti i media. Analogamente il 91,1% non sa cosa sia un Xdr (Extended Detection And Response), senza dubbio una tecnologia evoluta per la prevenzione degli attacchi, ma che da anni è ben nota a chi si occupa di cyber security. In definitiva questa ricerca ci pone di fronte a una situazione estremamente critica. Le nostre Pmi sono convinte di essere «sicure» sulla base di una falsa equivalenza tra cyber security e protezione dei dati, una situazione che renderà molto difficile spingerle verso un miglioramento della loro postura. Questo non soltanto in una situazione di costante crescita degli attacchi, ma anche a poco più di un anno dall’entrata in vigore di due normative europee che pongono una forte attenzione sulla sicurezza della supply chain di cui tantissime di queste Pmi sono parte integrante. Il riferimento è al Regolamento Dora, per la resilienza del sistema finanziario europeo, e alla Direttiva Nis 2, destinata a elevare il livello di cyber security delle infrastrutture critiche, ma non solo.

Lo scenario che si apre per il sistema delle Pmi italiane non è più soltanto quello di subire un attacco che le metta in ginocchio, ma anche la concreta possibilità di trovarsi a scalare rapidamente e verso il basso le classifiche dei fornitori di grandi aziende

e pubbliche amministrazioni di tutta Europa che

progressivamente dovranno introdurre proprio la cyber security come elemento qualificante dei propri partner. Tra la fine

del 2024 e l’inizio del 2025 centinaia di migliaia di aziende italiane potrebbero trovarsi alle prese con una tempesta, magari non perfetta, ma senza dubbio terribilmente lunga.

Esperto di cyber security

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La presenza effettiva può fissare la residenza

11 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 27 dicembre 2023 di Giuseppe Marini

PERSONE FISICHE I NUOVI CRITERI

Con l’articolo 1 del Dlgs sulla fiscalità internazionale, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2023, sono stati riscritti i criteri attributivi della residenza fiscale per le persone fisiche. Per effetto di tale modifica la residenza fiscale viene oggi ricollegata a:

1 residenza ai sensi del Codice civile;

2 domicilio inteso come luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;

3 presenza nel territorio dello Stato.

Tali requisiti, come era previsto anche nella precedente disciplina, sono tra loro alternativi; sicché, il verificarsi di uno soltanto di essi per la maggior parte del periodo di imposta è sufficiente ai fini della attribuzione della qualità di residente nel territorio dello Stato e della relativa tassazione dei redditi ovunque prodotti.

I nuovi criteri (quello del domicilio individuato in modo autonomo rispetto all’istituto previsto nel Codice civile e quello della mera presenza nel territorio dello Stato), pur essendo stati introdotti al dichiarato fine di semplificare e dare certezza nei rapporti fisco/contribuente, pongono dubbi interpretativi e di costituzionalità.

Prima della modifica era controverso il significato da riconoscere alla nozione di domicilio in base al Codice civile (richiamata dalla norma tributaria) il cui verificarsi per un periodo ultrasemestrale comportava l’attribuzione della qualifica di residente.

L’intervento normativo spariglia il quadro precedente. In particolare non sembra aver aderito in toto ad alcuna posizione giurisprudenziale laddove veniva comunque riconosciuta rilevanza ad affari e interessi patrimoniali, circoscrivendo la questione interpretativa alla prevalenza o meno di tali interessi su quelli affettivi e familiari.

Il nuovo domicilio (attributivo della residenza fiscale) viene, invece, individuato, nel luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona. Non vi è più traccia degli interessi e degli affari economico-patrimoniali. Ciò significa che per attribuire la residenza fiscale l’agenzia delle Entrate dovrà procedere a una misurazione delle relazioni personali e familiari del contribuente e solo se queste si trovano in via principale in Italia il soggetto potrà essere considerato fiscalmente residente. Per relazioni personali cosa deve intendersi? Le amicizie? Se così fosse per emettere un accertamento l’Agenzia dovrebbe prima procedere al censimento degli amici sparsi nel mondo e se, a seguito di tale censimento, risultasse la prevalenza degli stessi in Italia (sotto il profilo quantitativo o qualitativo?) potrà/dovrà contestare la residenza al soggetto.

Non sembra un criterio di collegamento ragionevole difettando la giustificazione logico giuridica del principio di tassazione su base mondiale che dovrebbe essere individuato nell’appartenenza economica del consociato alla comunità stato.

Si poteva – in conformità a una parte della giurisprudenza – tutt’al più disegnare il nuovo domicilio (attributivo della residenza fiscale) nel senso che allorché gli interessi patrimoniali e quelli affettivi e personali non fossero riferibili a un’unica giurisdizione, dovesse essere privilegiata la lettura che dava prevalenza agli interessi di natura personale. Ma la lettera della nuova norma esclude (invece) del tutto la rilevanza degli affari patrimoniali. Il che potrebbe anche comportare una riduzione dell’estensione dei soggetti fiscalmente residenti. Ma allora cui prodest? Per superare tali dubbi si potrebbe sposare un’interpretazione conforme a Costituzione forzando il dato letterale per ricomprendere nella locuzione «relazioni personali» gli affari economico-patrimoniali. Ciò determinerebbe un ritorno al passato riproponendosi la dicotomia interessi patrimoniali/interessi affettivi.

Ulteriori perplessità si riscontrano nell’altro (nuovo) criterio della (mera) presenza ultrasemestrale in Italia. Finora la presenza fisica era correlata all’individuazione dei concetti di domicilio o residenza. Con le modifiche normative intervenute sarà da ritenere fiscalmente residente chi, per la maggior parte del periodo di imposta, è presente nel nostro Paese e ciò a prescindere da residenza e/o domicilio. È un criterio di collegamento che potrebbe anche lasciare spazio ad abusi nell’applicazione pratica.

In proposito si espone al rischio di essere considerato residente fiscalmente in Italia lo studente straniero che durante l’anno sarà presente per un periodo ultrasemestrale o la persona, residente e domiciliata all’estero, che si dovrà recare in Italia per prestare assistenza a un parente malato. Anche tale previsione pone dubbi di costituzionalità per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione.

Vero è che l’operatività di questo criterio potrebbe essere esclusa nei casi in cui vi è copertura convenzionale per effetto della sottoscrizione di trattati contro la doppia imposizione da parte dell’Italia, dovendosi applicare il criterio delle tie breaker rules (articolo 4, paragrafo 2, del modello di convenzione Ocse). Ma, laddove non vi sia copertura convenzionale, il criterio si applica e potrebbe dare luogo a conseguenze irragionevoli. Forse sarebbe stato più opportuno introdurre questa previsione in forma di presunzione relativa.

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Decreto Delegato Gennaio 2024 nr 3 – Aggiornamento del costo della ricerca EPO sui brevetti per il triennio 2024-2026

10 Gennaio 2024

Art.1 (Aggiornamento costo della Ricerca EPO sui brevetti)
1. Sulla base dell’Accordo di Lavoro fra l’Organizzazione Europea dei Brevetti e la Repubblica di San Marino sulla cooperazione in materia di Ricerca, per il triennio 2024 – 2026 il costo della ricerca EPO, di cui all’articolo 3 del Decreto Delegato 12 luglio 2021 n.126, è di euro 2.468,00 (duemilaquattrocentosessantotto/00).
Art.2 (Abrogazione)
1. E’ abrogata la voce “Tassa di ricerca sul brevetto effettuata dall’Ufficio Europeo dei Brevetti” di cui alla Tabella 1 allegata al Decreto Delegato 27 novembre 2017 n.132.

DD003-2024

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Decreto Delegato 13 Dicembre 2023 nr 178 – Aggiornamento incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici

10 Gennaio 2024

Il Decreto in oggetto aggiorna le disposizioni relative all’efficientamento energetico degli edifici  (c.d. “ecobonus”) mediante incentivi di carattere economico e incentivi di carattere edilizio.

All’art. 1 viene introdotto il regime speciale di scambio sul posto per l’attivazione di un ulteriore impianto fotovoltaico  al fine di adeguare la potenza di quelli già connessi alla rete pubblica, mentre all’art.4 vengono elencati i tipi d’interventi previsti per usufruire del benefici:

(…)a) fornitura e posa in opera dei materiali per l’esecuzione delle opere di efficientamento energetico dell’edificio esistente attraverso interventi di isolamento termico dell’involucro dell’edificio, anche attraverso la completa sostituzione di quest’ultimo, di abbattimento dei ponti termici;
b) sostituzione o adeguamento di serramenti e infissi, cassonetti isolati per avvolgimenti, controtelai ed isolanti;
c) adeguamento, ristrutturazione o sostituzione dell’impianto termico incluso l’impianto per la produzione di acqua calda sanitaria;
d) installazione di impianto solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria per usi domestici o ad integrazione dell’impianto per la climatizzazione invernale esistente;
e) impianto fotovoltaico che non beneficia di altre forme di incentivazione; tale impianto rientra esclusivamente se si consegue il raggiungimento della classe A o A+” (…)

All’art. 5 vengono descritti i vari step operativi e le varie autorizzazioni necessarie per l’ottenimento dell’Ecobonus.

DD178-2023

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La sede di direzione è rilevante per le società

10 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 27 dicembre 2023 di Eugenio Della Valle

PERSONE GIURIDICHE LE VARIABILI IN CAMPO

 

Le coordinate della revisione la residenza fiscale delle società e degli enti non societari – così come previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera c) della delega fiscale (legge 111/2023) – sono la best practice internazionale, i trattati contro la doppia imposizione sottoscritti dall’Italia e il coordinamento con la stabile organizzazione.

L’articolo 2 del decreto delegato relativo alla fiscalità internazionale – approvato in via definitiva dal Cdm del 19 dicembre – si muove all’interno di tali coordinate intervenendo sui criteri di determinazione della residenza fiscale di società ed enti non societari sia sul versante Ires che su quello Irpef (società di persone residenti e soggetti assimilati), rendendo coerente l’intervento con la disciplina dell’esterovestizione (articolo 73, comma 5-bis, del Tuir).

La revisione si articola confermando, da un lato, il criterio formale della sede legale e sostituendo, dall’altro, i criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale (il primo abbandonato anche ai fini della presunzione del comma 5-bis dell’articolo 73 del Tuir) con quelli della «sede di direzione effettiva» (place of effective management, meglio noto con l’acronimo Poem) e della «gestione ordinaria in via principale». La prima definita come la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso e la seconda come il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti, ancora, la società o l’ente nel suo complesso (il tutto fermo restando il profilo temporale).

La relazione illustrativa spiega le ragioni dell’intervento obliterativo dei criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale in funzione delle criticità interpretative che entrambi presentano (anche nei rapporti con la disciplina convenzionale per lungo tempo affidati a un’osservazione dell’Italia contenuta nel commentario all’articolo 4 del modello di trattato tipo Ocse). In particolare, nella relazione si legge che l’inserimento del criterio della «gestione ordinaria in via principale» tiene conto dell’orientamento di altri Paesi europei che lo impiegano se c’è «un effettivo radicamento della persona giuridica sul territorio, ma sorgono incertezze interpretative in merito al luogo di direzione effettiva», laddove, invece, l’impiego dell’espressione «in via principale» si giustifica come spartiacque rispetto alla figura della stabile organizzazione (e, invero, la gestione corrente di un ramo d’impresa configura una stabile organizzazione sub specie di sede di direzione o «place of management»). Ciò dovrebbe consentire di superare un orientamento della Cassazione penale che tende a sovrapporre i concetti di stabile organizzazione e residenza fiscale nell’esterovestizione.

In realtà, ove si abbia riguardo alla più recente giurisprudenza domestica di legittimità i “vecchi” criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale già erano letti conformemente ai nuovi (si veda la sentenza 1753/2023 della Cassazione).

Il concetto del Poem adottato dal decreto delegato non trova, però, corrispondenza a livello di orientamenti Ocse posto che la soluzione dei conflitti di residenza fiscale secondo il trend internazionale più recente, cui l’Italia si è uniformata in alcuni trattati (si veda, ad esempio, l’articolo 4 del trattato con il Canada del 2002 e con il Cile del 2015) è affidata a una Map, sebbene considerando a tal fine, insieme ad altri fattori, anche il Poem (il nostro Paese non ha optato per l’introduzione automatica di tale soluzione nei trattati esistenti, giusta la riserva apposta all’articolo 4 della Convenzione multilaterale).

Opportuno, infine, benché forse in sé insufficiente, il chiarimento della relazione illustrativa per cui, ai fini della direzione effettiva «non rilevano le decisioni diverse da quelle aventi contenuto di gestione assunte dai soci né le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte degli stessi». L’intenzione è di escludere la rilevanza ai fini dell’attività di direzione e coordinamento degli articoli 2497 e successivi del Codice civile, approdo al quale è pervenuta la giurisprudenza della Cassazione (sentenza 43809/2015): intenzione che, tuttavia, non è perfettamente coerente con l’ampiezza della formula definitoria della sede di direzione effettiva (la «continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso»). E ciò perché nei gruppi multinazionali la società di vertice, o altra a ciò deputata, svolge compiti di regia verso le controllate. La nuova nozione di sede di direzione effettiva per alcuni (Contrino) non elimina così il rischio di un corto circuito tra normativa civilistica e fiscale e il collocamento presso la capogruppo italiana della residenza fiscale delle società estere che vi fanno capo.

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Branch di società estera obbligata a comunicare il titolare effettivo

10 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 6 dicembre 2023 di Alessandro Germani

Ultimi chiarimenti in vista della scadenza dell’11 dicembre

In previsione della scadenza di lunedì 11 dicembre per comunicare al registro imprese il titolare effettivo di società ed enti, Assonime con il documento Note e studi n. 8/2023 ripercorre in forma di Q&A una serie di casistiche anche alla luce delle recenti Faq di Mef, Bankitalia e Uif. Il documento segue il caso 1/2023 già emanato dall’Associazione. I criteri per individuare il titolare effettivo nelle società di capitali restano, come chiarito anche dalle Faq, nell’ordine gerarchico:

• la proprietà diretta o indiretta;

• il controllo;

• la titolarità di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione .

Nel caso di tre soci al 33, 33 e 34% saranno tutti e tre da indicare come titolari effettivi. Invece nel caso di partecipazioni pari o inferiori al 25% non si rientra nella casistica della titolarità attraverso la proprietà (quattro soci persone fisiche ciascuno al 25%). In caso di azioni con diritto di voto non proporzionale, si dovrebbero considerare titolari effettivi i soci con più del 25% di capitale sociale nonché quelli con diritti di voto superiori al 25% dei diritti di voto totali.

Nel caso di proprietà indiretta l’individuazione del titolare effettivo deve avvenire partendo dall’identificazione delle società titolari di una partecipazione superiore al 25% nel capitale della società cliente e qualificando come titolari effettivi tutte le persone fisiche che le controllano. Se Alfa è partecipagta al 30% da Beta e al 70% da Gamma, si dovranno individuare le persone fisiche che hanno il controllo di Beta e di Gamma.

Quando si utilizza il criterio residuale va considerato se indicare tutte le persone fisiche componenti gli organi di rappresentanza e direttivi oppure no. Anche in base alle Faq, occorrerà riferirsi a chi in concreto abbia il potere di gestione e di vincolare la società. Per cui si potrà trattare dell’amministratore delegato con deleghe generali operative o, in assenza di deleghe, chi abbia la rappresentanza legale (di solito il presidente del Cda) o le figure dirigenziali apicali con potere decisionale.

In presenza di gruppi societari bisognerà riferirsi ai titolari del potere di gestione della società cliente. Qualche criticità si potrà avere nelle multinazionali in cui la succursale italiana sia priva del potere decisorio in quanto lo stesso è affidato ad una figura dirigenziale ma esterna alla succursale.

La società italiana controllata da una società estera è tenuta comunque a comunicare il proprio titolare effettivo. Questo di fatto dovrebbe valere anche nel caso di società estera con sede secondaria in Italia. Ciò in linea con la Camera di commercio di Milano e il Consiglio nazionale del Notariato. Sarebbero escluse solo le società estere con mere unità locali iscritte al Rea. Al momento, in assenza del sistema di interconnessione dei registri europei dei titolari effettivi (Boris), l’obbligo permane anche per la società appartenente all’Ue con sede secondaria in Italia che nel suo paese è tenuta a comunicare il titolare effettivo.

Gli amministratori di società di capitali con una partecipazione superiore al 25% del capitale detenuta da fiduciaria dovranno acquisire le informazioni dalla stessa. Per le fondazioni, in caso non vi siano fondatori in vita o non si individuino i beneficiari e si vada quindi sui titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione dell’ente, resta il dubbio se valga il criterio residuale oppure se debbano essere presi cumulativamente sia il presidente della fondazione sia tutti i singoli componenti del Cda.

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Prestazioni di servizi, l’obbligo di fatturazione scatta con il pagamento

10 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 7 dicembre 2023 di Giorgio Confente Nicola Galleani d’Agliano e Filippo Jacobacci

Prestazioni di servizi, l’obbligo di fatturazione scatta con il pagamento

Dall’Aidc di Milano i chiarimenti sull’articolo 6 del decreto Iva

L’obbligo di fatturazione non sussiste sino a che il servizio non è stato pagato. È questo il principale chiarimento contenuto nella norma di comportamento n. 223 dell’Associazione italiana dottodi Commercialisti di Milano.

Si tratta di un approdo non scontato, alla luce di recenti sentenze della Cassazione che, pur richiamando i principi delle sezioni unite (Cassazione, sezioni unite, decisione 8059/2016), giungono a conseguenze non sempre coerenti o, comunque, univoche e chiare (Cassazione 26650/2020, 9064/2021 e 37274/2022).

Il dubbio interpretativo sorge dall’infelice formulazione del comma 3 dell’articolo 6 del decreto Iva, il quale dispone che le prestazioni di servizi «si considerano effettuate» all’atto del pagamento del corrispettivo.

Ciò premesso, occorre osservare che, nell’ambito dei servizi, sono distinguibili due momenti.

Il primo è quello in cui si realizza il presupposto per l’applicazione dell’Iva, ovvero il fatto generatore. Si tratta del momento in cui il servizio viene materialmente eseguito.

Il secondo è quello in cui l’operazione si considera effettuata ex articolo 6 del decreto Iva, coincidente con l’incasso.

È questo secondo momento che genera il diritto dell’Erario a esigere l’imposta, che viene poi riscossa con un processo che si avvia con l’emissione della fattura.

La sola esecuzione materiale del servizio determina l’esigibilità dell’imposta solo nei casi specificamente previsti (prestazioni di cui all’articolo 7-ter del decreto Iva svolte a favore, ovvero da un soggetto non residente).

Anziché l’incasso, è poi rilevante il momento di maturazione dei corrispettivi, ma solo in taluni altri casi (prestazioni gratuite in autoconsumo, periodiche e non).

Al di fuori di tali deroghe legali, nella generalità dei casi, rimane rilevante, invece, il solo incasso.

A fondare la massima, una motivazione che esamina in profondità la lettera della norma, descrive il rapporto tra la normativa italiana e quella euro-unionale, ricostruisce i principali passaggi storici e giunge a proporre esempi tratti dal Dpr 633/1972, che, anche in via indiretta, rendono palese il pensiero del legislatore.

Punto nodale è l’articolo 6 del decreto Iva, che, sin dal titolo, al fine di individuare il momento di esigibilità, utilizza la locuzione «effettuazione delle operazioni», che, presa in sé, richiama il concetto di fatto generatore, ovvero quello di esecuzione «materiale» delle operazioni.

Tale travisamento, peraltro, avviene solo in quanto si tratta di una locuzione avente natura polisemica, il cui significato autentico deve essere tratto solo in stretta dipendenza dello stesso articolo 6, il quale fissa i criteri per l’esigibilità dell’imposta. L’auspicio è che il legislatore adotti scelte lessicali più nette.

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