Decreto Legge 31 Agosto 2022 nr 124 (ratifica DL 1/8/2022 nr 111)- Modifiche urgenti e temporanee delle disposizioni di carattere generale legate all’attuale Stato Pandemico da COVID-19

12 Settembre 2022

Si allega il testo completo dell’ultimo Decreto Legge in tema di COVID-19 le cui disposizioni sono in vigore dal 3 Agosto u.s.

DL124-2022

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Compila Redditi chi lavora all’estero senza essere iscritto Aire

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 24 agosto 2022 di Giovanni Esposito

Le imposte pagate oltreconfine costituiscono un credito

Il contribuente è sottoposto alla maggiore delle due tassazioni

In base al cosiddetto principio della tassazione mondiale (world wide taxation principle), sul quale si fonda anche il sistema fiscale italiano, il cittadino che lavora all’estero non iscritto all’Aire (anagrafe degli italiani residenti all’estero) e quindi fiscalmente residente nel nostro Paese, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti si possono comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito d’imposta, fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione. In altri termini il contribuente soggiace alla maggiore delle due (italiana/ estera) imposizioni senza possibilità di monetizzare alcun credito.

Il quadro RC

Premesso che per convertire in euro i redditi espressi in valuta estera deve essere utilizzato il cambio indicativo di riferimento del giorno in cui gli stessi sono stati percepiti, quello del giorno antecedente più prossimo o in mancanza il cambio medio del mese, analizzando il caso della percezione di reddito da lavoro dipendente in Usa per 52.491 euro, nella dichiarazione Redditi 2022 nelle colonne al rigo RC1 si indica:

1 “2” redditi di lavoro dipendente o assimilati;

2 “1”se il contratto di lavoro è a tempo indeterminato, ovvero “2” se a tempo determinato;

3 l’importo dei redditi percepiti; in colonna 4, il codice che identifica la fonte estera dei redditi indicati nelle colonne precedenti (“1” se nella colonna 1 è indicato il codice 1).

Le imposte estere

I dati delle imposte estere andranno così indicati nelle colonne del rigo CE1:

1 il codice dello Stato estero;

2 il periodo d’imposta;

3 il reddito prodotto all’estero;

4 le imposte pagate all’estero (nel caso Usa pari alla somma della Federal income tax State and local income taxes);

5 il reddito complessivo;

6 l’imposta lorda italiana;

7 l’imposta netta italiana;

10 la quota d’imposta lorda italiana costituita dal risultato della seguente operazione: (colonna 3 / colonna 5) x colonna 6 (si precisa che se il rapporto tra reddito estero e reddito complessivo assume un valore maggiore di 1, tale rapporto deve essere ricondotto a 1);

11 l’importo dell’imposta estera ricondotta eventualmente entro il limite della quota d’imposta lorda, quest’ultima diminuita del credito utilizzato nelle precedenti dichiarazioni relativo allo stesso Stato ed anno di produzione. A tal fine si riporta il minore importo tra quello indicato nella colonna 4 (imposta estera) e il risultato della seguente operazione: colonna 10 – colonna 9.

Il credito d’imposta

Nelle colonne del rigo CE4:

1 sarà indicato il periodo d’imposta;

2 il totale degli importi indicati nella colonna 11 del rigo CE1;

3 l’importo dell’imposta netta;

4 l’importo per il quale è possibile fruire del credito pari al minore tra l’importo di colonna 2 e l’importo di colonna 3 di questo rigo. L’importo del credito così determinato va riportato nel rigo CE23 e, al netto di crediti di cui all’articolo 165 comma 6 e importi già utilizzati, il risultato finale nel CE26.

L’importo come prima quantificato è, infine, riportato nel rigo RN29, colonna 2, del quadro RN.

Cosicché l’imposta da versare sarà pari alla differenza tra l’imposta netta italiana (16.267 euro) e quelle pagate all’estero (11.362 euro).

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Così il socio italiano dell’impresa elvetica si finge dipendente

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 22 agosto 2022 di Ivan Cimmarusti

Faro della Gdf su aziende oltreconfine in realtà controllate dai loro addetti

IMAGOECONOMICA In dogana.  Controlli sui mezzi alla frontiera di Chiasso

Sulla carta risultano quali semplici lavoratori dipendenti italiani di società svizzere, ma nei fatti ne sono i proprietari. La Guardia di finanza di Como accende i fari investigativi sui frontalieri: l’ipotesi è che, in alcuni casi, la corretta tassazione sia stata aggirata attraverso architetture societarie che farebbero apparire come subordinato – e dunque assoggettato al più conveniente regime fiscale dei dipendenti in Svizzera – chi in realtà è un amministratore con reddito da tassare in Italia.

Le informazioni contenute nel registro di commercio del Canton Ticino, incrociate con le banche dati Gdf, avrebbero permesso di scoperchiare un presunto “sistema” per evadere il Fisco italiano. Bisognerà capire quanto sia estesa la prassi sotto inchiesta. Allo stato gli accertamenti riguardano solo un segmento della categoria dei frontalieri: quelli con domicilio fiscale nei Comuni limitrofi al confine con la Svizzera, che contemporaneamente sono titolari di quote e lavoratori dipendenti di queste società elvetiche. L’ipotesi che si tratti di false «subordinazioni» è nei processi verbali di contestazione finora eseguiti.

Secondo l’attuale normativa – in corso di modifica – il lavoratore frontaliero è quel soggetto residente in un Comune italiano il cui territorio è compreso nella fascia dei 20 chilometri dal confine, che svolge il suo lavoro in Svizzera. In particolare, il frontaliere, pur mantenendo la residenza in Italia, presta la propria attività in qualità di dipendente/subordinato in via esclusiva e continuativa, per conto di un datore di lavoro estero. Una regola valida per i frontalieri in Francia, Austria, Slovenia, San Marino e, ovviamente, Svizzera. Tutto ciò ha un beneficio. Come hanno ricordato le Entrate, con la risoluzione 38/E/2017, «i salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della rimunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta». Un vantaggio fiscale non da poco quando si tratta di Svizzera.

Ora i soggetti sotto accertamento risultano titolari di quote delle società per le quali sono subordinati. Secondo la Gdf alcuni risultano titolari dell’intero capitale delle società per le quali lavorano. In sostanza si tratterebbe di lavoratori dipendenti, ma solo sulla carta. Tutto ciò permetterebbe un duplice beneficio: i soggetti non subiscono alcuna tassazione in Italia, mentre in Svizzera assolvono a una minima tassazione sul lavoro dipendente; evitano di dichiarare compensi da amministratore, considerato l’imposizione più onerosa, pari al 30% circa di ritenuta a titolo d’imposta.

Secondo il commercialista Stefano Noro, partner dello studio Sala Noro e Associati, «dai verbali visionati, emerge che la Gdf propone di tassare il salario del frontaliere sempre come reddito di lavoro dipendente, ma secondo le regole previste per i frontalieri fuori fascia e quindi con una tassazione Irpef, al netto della franchigia di legge, scomputando le imposte trattenute in Svizzera. Appare però curioso che prima venga disconosciuto al frontaliere il rapporto di lavoro subordinato, ma poi la proposta di tassazione sia sempre come reddito di lavoro dipendente». Aggiunge che «secondo logica, se non esiste la subordinazione, non può esserci una classificazione di reddito di lavoro dipendente, né come frontaliere di fascia, né come frontaliere fuori fascia. Questi accertamenti possono avere una portata esplosiva per i lavoratori, ma anche nei rapporti tra i due Stati. Inoltre, si pone il problema per i lavoratori italiani di come comportarsi in futuro in quanto, lato Svizzera, il contratto di lavoro è perfettamente legittimo».

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Social usati sull’auto aziendale: sì al recesso

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 15 agosto 2022 di Marisa Marraffino

Il giudice conferma che agli autisti è richiesta la massima attenzione

Usare i social network mentre si è alla guida di un veicolo aziendale può costare il licenziamento per giusta causa. Lo ha precisato il Tribunale di Cosenza (giudice Lo Feudo) con la sentenza 1240 pubblicata il 13 luglio scorso, a seguito del ricorso di un conducente di pullman licenziato per avere, in più occasioni, commentato post su Facebook durante un tragitto di lavoro.

A incastrarlo i fogli di viaggio sottoscritti e gli screenshot dei post pubblicati durante il servizio. Inoltre, un altro dipendente aveva reso una dichiarazione scritta in cui riferiva che, dopo la contestazione disciplinare, aveva sentito il collega, che aveva confermato l’addebito, minimizzando la gravità del fatto.

Il conducente aveva tentato di difendersi, eccependo genericamente che a scrivere i post fosse stata la figlia che viaggiava sul pullman con lui, ma la circostanza non aveva trovato riscontri ed era stata anzi smentita dalle altre risultanze istruttorie.

Così, per il Tribunale il licenziamento è giustificato vista la gravità della condotta, che mette a rischio la fedeltà, il rispetto del patrimonio e della reputazione del datore di lavoro. A nulla rileva la circostanza che il datore di lavoro non abbia affisso in bacheca il Codice disciplinare: la violazione delle norme e dei doveri fondamentali del lavoratore è talmente grave che non necessita di ulteriore specifica previsione.

Per il giudice chi guida un mezzo aziendale deve prestare un «grado massimo di attenzione, a protezione dell’incolumità degli utenti del servizio e più in generale della sicurezza della circolazione aziendale».

Il principio si applica a tutti i mezzi aziendali usati per ragioni di servizio e richiama i lavoratori al rispetto delle norme stradali. In caso di infrazioni non si rischiano solo sanzioni amministrative ma anche disciplinari, visto che legittimamente il datore di lavoro ripone nei dipendenti l’affidamento sul rispetto del Codice della strada.

Non è la prima volta infatti che le violazioni del Codice della strada legittimano un licenziamento. Era successo anche a Caltanissetta dove un addetto ai trasporti era stato licenziato, questa volta per giustificato motivo, perché aveva travolto e ucciso un pedone che stava attraversando le strisce pedonali. Nel verbale della polizia municipale il lavoratore aveva dichiarato di non essersi accorto della presenza del pedone perché distratto da una chiamata in arrivo sul cellulare. A prescindere dal fatto che il dipendente avesse risposto o meno al telefono senza auricolari o viva voce, la violazione delle norme di prudenza alla guida del mezzo aziendale è stata ritenuta tale da legittimare di per sé il licenziamento (Tribunale di Caltanissetta, decreto del 14 giugno 2019).

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Operazioni inesistenti di ditte individuali: contestazione in salita

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 22 agosto 2022 di Alessandro Borgoglio

Per la Ctp Torino non basta l’assenza di personale, sede e dotazioni strumentali

Il Fisco non può contestare l’inesistenza oggettiva di operazioni fatturate da titolari di ditte individuali, sulla base dell’assenza di dotazione personale e strumentale, di utenze, di locali sede dell’attività e di contratti di assicurazione, data la genericità di tali considerazioni formulate dall’ufficio. A queste conclusioni è pervenuta la Ctp di Torino (presidente Grimaldi e relatore Pierro), con la sentenza 520/1/2022.

Il Fisco aveva contestato a un impresario edile l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da tre soggetti, alcuni dei quali di nazionalità estera, recuperando a tassazione i relativi costi ritenuti indeducibili. La contestazione dell’ufficio muoveva dal fatto che gli imprenditori individuali non avevano presentato alcuna dichiarazione fiscale, non avevano dipendenti, non avevano alcuna utenza commerciale, non erano proprietari né conduttori di locali a uso commerciale e non avevano stipulato alcun contratto assicurativo o di finanziamento (tranne uno di loro, che aveva speso 220 euro per un’assicurazione contro gli infortuni). A fronte di tale articolato compendio indiziario, l’impresario edile si era limitato a esibire le fatture e i relativi pagamenti.

Secondo il collegio di merito, però, non convince la ricostruzione operata dall’ufficio, fondata sulla indisponibilità di attrezzature e/o personale, senza che sia stato accertato in concreto se il tipo di prestazioni richieste, effettuate e fatturate ne richiedessero l’impiego, atteso che i tre soggetti sono artigiani la cui manodopera è stata impiegata per svolgere l’attività di cantiere. La natura e l’esercizio di queste attività, stante l’articolo 53 Tuir, potrebbe essere qualificata attività artigianale di lavoro autonomo che non richiede per il suo esercizio la disponibilità di beni strumentali, né di personale alle proprie dipendenze. Neppure era poi rilevante – per i giudici torinesi – che i tre soggetti avessero omesso di presentare le dichiarazioni reddituali. Da qui la bocciatura dell’accertamento.

Diversamente, per la consolidata giurisprudenza di legittimità, in caso di ripresa per operazioni oggettivamente inesistenti, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva, del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, e successivamente spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate; il Fisco, per assolvere al suo onere probatorio, può avvalersi anche di elementi indiziari e presuntivi, consistenti nell’assenza di personale (Cassazione 36749/2021) e nella mancanza di una struttura organizzativa (Cassazione 28451/2021), non potendo la prova contraria del contribuente consistere nella esibizione delle fatture o dei mezzi di pagamento (Cassazione 10568/2022, 25079/2021, 15217/2021, 12303/2021).

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Via libera al Dl Semplificazioni: registri contabili solo telematici

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 3 agosto 2022 di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce

Ieri l’ok definitivo al Senato con 168 voti favorevoli, 23 contrari e 2 astenuti

Operazioni da comunicare nell’esterometro con soglia di 5mila euro

La conversione del Dl 73/2022 (ieri l’ok definitivo dell’Aula del Senato con 168 voti favorevoli, 23 contrari e 2 astenuti) contiene importanti novità in materia di fisco telematico e di obblighi collegati alla gestione informatica dei registri contabili. In particolare, per i registri contabili, gli stessi si considerano regolarmente tenuti e conservati con sistemi elettronici anche se non trasposti su supporti cartacei ovvero se non versati a un sistema di conservazione elettronica a norma, a condizione che il contribuente a richiesta degli organi di verifica provveda a stamparli dimostrando di averli aggiornati secondo le regole imposte dalle regole fiscali.

Inoltre, per quanto riguarda gli obblighi, molto importante è l’introduzione di una soglia di 5.000 euro, per le operazioni che pur essendo carenti del requisito territoriale (articoli da 7 a 7 octies del Dpr 633/72), andrebbero comunicate con l’esterometro. In pratica tali operazioni (limitatamente al lato passivo) per importo non superiore alla soglia sono state escluse dall’adempimento.

Entrambe le previsioni perseguono un principio di semplificazione e sono sostanzialmente in linea con lo scopo del legislatore di far si che i registri e la dichiarazione Iva siano in futuro creati e precompilati dalle Entrate in forza delle informazioni che vengono acquisite con fatture elettroniche, corrispettivi telematici e operazioni con l’estero. Entrambe le previsioni, però, per motivi diversi aprono dei profili di criticità operativa che non possono essere fin da subito sottaciuti.

Registri tenuta e conservazione

L’intervento del legislatore consiste in una modifica dell’articolo 7, comma 4 quater del decreto 357/1997 in cui viene espressamente indicato che i soli registri contabili (libro giornale, libro degli inventari, registri prescritti ai fini Iva) possono essere tenuti e archiviati elettronicamente senza trasposizione su stampa ovvero senza attivazione del relativo processo di conservazione a norma secondo le regole previste dal Cad e dai connessi regolamenti di attuazione quindi anche oltre la scadenza dei tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi a condizione che a richiesta dei verificatori vengano stampati su supporto cartaceo.

Deve essere chiaro che la nuova regola che, in qualche modo disattende le interpretazioni fornite nel tempo dalle Entrate, riguarda solo i registri e non gli altri documenti che non essendo inclusi nella disposizione devono rispettare le normali regole di conservazione. Si pensi alle fatture elettroniche che, per legge devono essere conservate in modalità elettronica ovvero i contratti e i documenti a rilevanza fiscale che non configurandosi quali registri contabili non possono essere conservati in modalità elettronica senza essere debitamente stampati ovvero conservati elettronicamente.

Esterometro

L’articolo 12 del Dl 73/2022, come modificato in sede di conversione, estende il novero delle operazioni con clienti e fornitori non residenti escluse dall’obbligo di comunicazione dei dati, cosiddetto esterometro.

Si amplia, infatti, il novero delle operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di esterometro, ricomprendendovi non solo quelle già oggetto di certificazione fiscale con dichiarazione doganale o con fattura elettronica in formato xml transitata da SdI, ma anche quelle che non solo non rilevano a fini Iva in Italia per carenza del requisito territoriale ma che, per singola operazione, non superano i 5.000 euro. Si tratta di quelle operazioni non rilevanti territorialmente in Italia, e cioè di acquisti di beni e prestazioni di servizi da un fornitore estero e che, di conseguenza, non determinano la necessità di adempiere all’obbligo di integrazione del documento passivo ricevuto o di emissione di una autofattura. Le operazioni interessate sono, ad esempio, quelle relative a immobili all’estero, ovvero acquisti di carburanti o pernottamenti all’estero.

Anche in questo caso l’esistenza di una soglia (anche se per lo più sufficientemente elevata) comporta l’obbligo per il contribuente di distinguere le operazioni da segnalare da quelle da escludere che per un sistema completamente automatizzato crea sicuramente un’alternativa da gestire con ulteriore interventi gestionali.

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Si avvisa la gentile clientela che lo Studio Fiscale Tributario e Legale Dott. Antonio Valentini chiuderà per ferie estive dall’ 8 al 28 Agosto compresi. Si riaprirà al pubblico lunedì 29 Agosto.

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Decreto Delegato 6 Luglio 2022 nr 100- Istituto per la gestione e il recupero dei crediti – I.G.R.C. SPA

5 Agosto 2022

Il Decreto Delegato nr 100 da operatività al nuovo Istituto  per la gestione e il recupero crediti – I.G.R.C. S.p.A. che, per la prima volta in territorio sammarinese ha il compito di:

  • Gestione, tutela e recupero dei crediti, per conto terzi;
  • riscossione di crediti ceduti e servizi di cassa e pagamento anche nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione di crediti (attività di servicing);
  • attività di concessione di finanziamenti, finalizzata a una più efficiente attività di gestione e recupero dei crediti, secondo quanto previsto dalle vigenti disposizioni di vigilanza;
  • gestione degli attivi bancari o attività, cartolarizzati.

Si allega il testo completo

DD100-2022

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Circolare nr 67264 del 07/07/2022 Ufficio Tributario – Nuove modalità di presentazione della quietanza di versamento dell’IVA prepagata

5 Agosto 2022

Al fine di semplificare le procedure operative relative alle cessioni di beni verso l’Italia con IVA dal 18 Luglio u.s. è finalmente possibile trasmettere a mezzo posta elettronica all’Ufficio Tributario all’indirizzo ivaprepagata@pa.sm la copia scannerizzata del cedolino di versamento dell’iva prepagata o del bonifico effettuato senza più bisogno di recarsi fisicamente allo sportello.

Le indicazioni da seguire sono ben descritte nella Circolare  dell’Ufficio Tributario del 7 Luglio che si allega, dove si ricorda nuovamente che dal 13/8/2020 è possibile effettuare le compensazioni  dei tributi on line mediante il proprio conto fiscale sul Triweb.

Prot 67264-2022_

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Le criptovalute favoriscono l’autoriciclaggio

5 Agosto 2022

Il Sole 24 Ore 14 luglio 2022 di Giovanni Negri

La Cassazione sottolinea l’opacità delle transazioni per il grado di anonimato

La fisionomia del sistema di acquisto di bitcoin «si presta ad agevolare condotte illecite», visto che consente di assicurare un grado elevato di anonimato. Via libera quindi alla custodia cautelare per truffa e autoriciclaggio.

Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza 27023 della Seconda sezione penale depositata ieri. Nel confermare la misura cautelare anche per il reimpiego dei proventi dei delitti di truffa aggravata in attività speculative come l’acquisto di criptovalute la Corte ha così respinto il ricorso della difesa con il quale si sosteneva che le operazioni non avevano finalità speculative e che, in ogni caso, le regole del mercato di riferimento non permettono di nascondere l’identità dell’acquirente perché sono improntate alla massima trasparenza.

La Cassazione tuttavia non è stata di questo parere e ha innanzitutto affermato che l’indicazione normativa fornita dall’articolo del Codice penale sull’autoriciclaggio (648 ter.1) sulle attività in cui il denaro frutto del reato presupposto può essere impiegato o trasferito non costituisce un elenco formale, ma piuttosto individua delle macroaree, tutte collegate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato a ottenere un utile, inquinando in questo modo il circuito economico. In questa prospettiva nella nozione di «attività speculative» può essere ricondotta una pluralità di attività.

Per quanto riguarda le valute virtuali, la sentenza sottolinea che queste possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore per obiettivo di risparmio e di investimento. E allora , a differenza di quanto sostenuto dalla difesa che aveva valorizzato in termini di trasparenza le registrazioni sulla blockchain e sul distribuited ledger, è invece possibile garantire il massimo «anonimato (sistema permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito».

Inoltre, afferma la Cassazione, che è «ormai noto» il numero elevato di criptovalute utilizzate nel darkweb proprio per le caratteristiche di opacità: alcune di esse, soprattutto per l’uso di tecniche crittografiche avanzate garantiscono infatti un eccellente grado di privacy sia con riferimento alla persona dell’utente sia in rapporto all’oggetto delle compravendite.

Del resto, la disciplina antiriciclaggio ha provato a fare fronte alla nuova situazione anticipando la V direttiva in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, affiancando queste misure a quelle penali previste dal Codice su riciclaggio e autoriciclaggio.

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