Banca sempre obbligata a informare sui rischi

8 Marzo 2018

Il Sole 24 Ore 28 Febbraio 2018 di Angelo Di Sapio e Daniele Muritano

Minusvalenze. Il cliente va risarcito delle perdite

La banca che non informa il cliente della rischiosità degli investimenti deve risarcirlo della minusvalenza, a maggior ragione se si tratta di titoli in caduta libera. Lo ha confermato, in sede civile, il Tribunale di Ascoli Piceno (n. 985/2017) in una vicenda che, per certi aspetti, sembra echeggiare Ionesco. Dall’esito dell’istruttoria processuale risultava infatti che la banca aveva acquistato titoli ad alto rischio all’insaputa dell’investitore, facendogli firmare carteggi postumi.
L’investitore, constatate le perdite, aveva chiesto il trasferimento del dossier titoli presso altra banca, che era stato però condizionato alla sottoscrizione postuma dell’ordine di acquisto di obbligazioni già acquistate e in perdita, sotto la scure della revoca dei fidi d’impresa accordati all’investitore. La linea conduttrice è sempre la stessa: ciò che conta è l’informazione del cliente. Lo ha scolpito a chiare lettere la Cassazione a Sezioni unite in tema di contratto-quadro (n. 898/2018 e n. 1653/2018 ne «Il Sole 24Ore» del 31 gennaio 2018). Lo riconosce il giudice marchigiano a proposito delle operazioni inadeguate. Dominano l’articolo 21, lettera b), del Tuf e gli articoli 28 e 29 della delibera Consob 11522/1998.
Gli intermediari devono astenersi dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate e, se questi intendono comunque dare corso alle operazioni, possono eseguirle solo sulla base di un ordine scritto o telefonico ma registrato. Anche qui la forma non è a pena di nullità. È elemento di facilitazione della prova per ottenere l’effetto liberatorio della banca, principio confermato dalla Suprema corte (n. 3087/2018).
L’intermediario ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione preventiva, completa e idonea a formare un suo adeguato consenso. Deve dar conto della non adeguatezza dell’operazione e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione: non basta una generica frase standard prestampata; è imprescindibile una comunicazione puntuale e compiuta delle caratteristiche dell’operazione, comprensiva dell’eventuale imminente rischio di default dell’emittente, conoscibile secondo i parametri di diligenza professionale.
Ecco perché il Tribunale ha riconosciuto la piena responsabilità della banca e l’ha condannata al pagamento delle spese di lite. Ciò che faceva difetto non era la forma. Mancava la sostanza, il dato informativo, da intendersi in senso sia passivo che attivo .
L’asimmetria informativa non si riequilibra con una firma. È necessario un trasferimento di informazioni dall’intermediario all’investitore.
Il frasario della forma testimonia l’informazione e, se si vuole, talvolta la veicola, ma non tiene luogo della stessa. La forma non è un limite al (cosiddetta nudo) consenso, ma fa specchio a una sua formazione ponderata. Non è in gioco l’ordine di acquisto (considerato come atto), ma la situazione. Il fine ultimo dell’informazione è che l’investitore si orienti in modo consapevole nei propri investimenti e disinvestimenti. Qui sta la chiave di volta dell’apparato giuridico di protezione dell’investitore, che mette in mostra il punto di bilanciamento tra le iniziative dell’intermediario e le esigenze dell’investitore.

Doing business in San Marino

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