DISCIPLINA DELLA FRODE SPORTIVA E DELL’ABUSIVO ESERCIZIO DI GIUOCO O DI SCOMMESSA

18 Gennaio 2019

Si allega testo completo della nuova disciplina in merito alla frode sportiva e abuso dei giochi e scommesse.

Legge 12 dicembre 2018 nr 167

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PROTEZIONE DELLE PERSONE FISICHE CON RIGUARDO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

18 Gennaio 2019

Si allega testo completo della norma prevista a protezione dei dati personali.

Legge 21 dicembre 2018 nr 171

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BILANCI DI PREVISIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO 2019 E BILANCI PLURIENNALI 2019/2021

18 Gennaio 2019

Si allega testo completo della Finanziaria dell’anno 2019.

Legge 24 Dicembre 2018 n.173

 

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Immobili strumentali, la deducibilità Imu passa dal 20 al 40%

18 Gennaio 2019

Il Sole 24 Ore lunedì 7 GENNAIO 2019 di Giorgio Gavelli

SCONTO SULLE IMPOSTE SUI REDDITI

L’estensione vale anche per i fabbricati strumentali in locazione finanziaria

Dal 2019 l’Imu che imprese e professionisti versano sugli immobili strumentali è deducibile dalle imposte sui redditi in misura pari al 40% e non più al 20% come avvenuto dal 2014 sino al 2018.
La legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018) interviene, allo scopo, sul testo dell’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011, senza modificare né l’integrale deducibilità di tale importo ai fini Irap, né la totale detraibilità della Tasi. Per espressa previsione di legge, l’Imi e l’Imis delle province autonome di Bolzano e Trento seguono lo stesso regime di deducibilità dell’Imu.
La questione alla Consulta
L’intervento si deve forse anche alla pendenza presso la Corte costituzionale della questione di legittimità della norma, per effetto dell’ordinanza di rinvio della Commissione tributaria provinciale di Parma (n. 271 del 5 luglio 2018, si veda Il Sole-24 Ore del 13 luglio). I giudici di merito hanno, infatti, ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata nell’ambito del giudizio sul rimborso d’imposta per gli anni dal 2012 al 2014. Ricordiamo che fino al 2012 l’articolo 14 del Dlgs 23/2011 prevedeva l’integrale indeducibilità dell’Imu dalle imposte sui redditi e dall’Irap. La legge di Stabilità 2014 ha previsto la deducibilità parziale al 20% (30% per il periodo d’imposta 2013) dalle sole imposte sui redditi e relativamente agli immobili strumentali.
Secondo i giudici parmensi, tale parziale indeducibilità finisce per collidere con il principio di capacità contributiva, in quanto l’imposizione grava su un reddito che è al lordo di una fetta significativa di un costo sicuramente inerente all’attività d’impresa o professionale. Se la forfetizzazione della deduzione, in altre situazioni, può essere giustificabile a fronte di un potenziale utilizzo promiscuo del bene o della facilità di accertamento, nel caso di specie non si fonda su alcun collegamento aritmetico o logico, anche vago, divenendo arbitraria. È vero che, in molte pronunce, la Corte costituzionale fa ampio rinvio alla discrezionalità del legislatore, ma in questo caso appare difficile giustificare, ad esempio, come mai, sullo stesso immobile, la Tasi è deducibile integralmente mentre l’Imu lo è solo parzialmente. Una eventuale illegittimità pronunciata dalla Corte renderebbe applicabile l’articolo 99, comma 1, Tuir e aprirebbe la strada ai rimborsi.
Il raggio d’azione
Gli immobili interessati dal raddoppio di deducibilità con decorrenza 2019 sono quelli di cui all’articolo 43 Tuir, vale a dire quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte, della professione o dell’impresa (non ad uso promiscuo: circolare n. 10/E/2014). Per le imprese si tratta degli immobili “strumentali per natura” o “per destinazione”, con esclusione, quindi, di quelli “patrimonio” (articolo 90 Tuir) e di quelli “merce”. A ben guardare, se sui primi l’indeducibilità dei componenti negativi di reddito è normalmente prevista dal Tuir (con l’eccezione delle spese di manutenzione e degli oneri finanziari per l’acquisto), sui secondi la mancata deduzione pare a sua volta confliggere con il principio di capacità contributiva. La deducibilità maggiorata al 40% dovrebbe riguardare anche gli immobili strumentali assunti in locazione finanziaria o demaniali in concessione (su cui l’Imu è a carico dell’utilizzatore: articolo 9, comma 1, Dlgs 23/2011).
Inoltre, poiché la disposizione si riferisce agli “immobili” e non semplicemente ai “fabbricati”, dovrebbero rientrarvi anche le aree strumentali e quelle (non locate) delle società che esercitano l’attività agricola di coltivazione (circolare n. 11/1991), in mancanza di opzione per la determinazione catastale del reddito. Per tutti questi immobili, l’Imu è una “patrimoniale”, che non sostituisce neppure il reddito fondiario, come accade (a certe condizioni) per gli immobili abitativi. Più discutibile è la deducibilità in capo all’affittuario, qualora sia contrattualmente previsto il riaddebito.
La circolare 10/E/2014 ha precisato che costituisce costo (parzialmente) deducibile l’Imu di competenza, a condizione che l’imposta sia pagata nel periodo d’imposta (principio di “cassa anomala”), per effetto di quanto previsto dall’articolo 99, comma 1, Tuir.

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FLUSSI DI MIGRAZIONE PER RESIDENZE ELETTIVE

18 Gennaio 2019

Si allega testo completo del Decreto che fissa in 50 il numero massimo di residenza elettive concesse per l’anno 2019.

Decreto Delegato 28 dicembre 2018 nr 174

 

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NORME IN MATERIA DI CREDITO D’IMPOSTA PER ASSUNZIONE DI PERSONALE ISCRITTO ALLE LISTE DI AVVIAMENTO AL LAVORO E DI CATEGORIE DEBOLI E IN MATERIA DI AGEVOLAZIONI SU PREMI DI RISULTATO

18 Gennaio 2019

(MOD. ALLA L. N. 115/2017 E AL D.D. N. 137/2017)

Si allega testo completo del Decreto Delegato che sancisce le agevolazioni per l’assunzione di personale iscritto alle liste di avviamento

Decreto Delegato 28 dicembre 2018 nr 180

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REGOLAMENTO APPLICATIVO DELL’ARTICOLO 16 DELLA LEGGE 29 SETTEMBRE 2017 N. 115 IN MATERIA DI INCENTIVI PER INIZIATIVE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

18 Gennaio 2019

Si allega testo completo del Regolamento per accedere agli incentivi previsti per le aziende che sostengo spese di internazionalizzazione volte alla ricerca nuovi mercati.

Regolamento 28 dicembre nr 9

 

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Omessa dichiarazione, risponde l’impresa

18 Gennaio 2019

Il Sole 24 Ore 04 DICEMBRE 2018 di Laura Ambrosi

CASSAZIONE

Al commercialista non può essere attribuita la responsabilità del reato

Del reato di omessa presentazione della dichiarazione risponde l’imprenditore anche se l’incarico era stato affidato ad un commercialista. Per quantificare l’imposta evasa, poi, è corretto considerare i costi non documentati solo ai fini delle imposte dirette mentre, per l’Iva, occorre la prova dell’esistenza delle fatture. A precisarlo è la Corte di cassazione, terza sezione penale con la sentenza 53980 depositata ieri.
Il legale rappresentante di una società veniva accusato dei reati di omessa presentazione delle dichiarazioni Ires ed Iva. In appello veniva condannato solo ai fini Iva. L’imputato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando sia un’errata quantificazione dell’imposta evasa, poiché c’erano stati dei costi che, sebbene non registrati, erano stati sostenuti, sia l’assenza di responsabilità, atteso che gli adempimenti erano stati affidati ad un commercialista.
La Corte ha confermato la legittimità della decisione di appello poiché il giudice, con una valutazione di merito, aveva valorizzato costi, sebbene non documentati, ritenuti rilevanti ai fini delle imposte dirette. Da ciò era conseguita l’insussistenza del reato per l’Ires, per il mancato superamento della soglia di punibilità. Altrettanto corretta era stata la decisione in merito all’Iva, la cui determinazione impone regole di allegazione documentale che non possono essere superate da elementi empirici e non certificati.
Ne conseguiva, quindi, che alla luce dell’assenza di prove e di fatture circa l’esistenza dei citati costi, gli stessi non potessero essere considerati ai fini della detrazione Iva. Infine, la Cassazione ha affrontato la questione della responsabilità, confermando che la delega attribuita al commercialista per l’adempimento degli oneri contabili e fiscali dell’azienda non esonera l’imprenditore, poiché egli resta comunque direttamente onerato degli obblighi.
La presentazione della dichiarazione fiscale non è un’attività duratura e continuativa che può essere gestita e controllata da altro soggetto, come invece accade in materia di sicurezza sul lavoro. Si tratta, infatti, di un adempimento unico e specifico che resta quindi in capo al solo titolare o legale rappresentante.

 

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Frenata sulla cessione di ramo d’azienda

18 Gennaio 2019

Il Sole 24 Ore lunedì 24 DICEMBRE 2018 di Alessia Urbani Neri

IL PRINCIPIO

Serve il concreto trasferimento dell’intera organizzazione

Non è raro che, ai fini di una riorganizzazione aziendale, una società residente in Italia operi con l’impresa consociata estera singole transazioni: cessioni di ramo d’azienda commerciale; concessione in uso di asset immateriali come la lista clienti o il know how; contratti di distribuzione per la diffusione in esclusiva di beni.
Tali transazioni non vanno considerate singolarmente, ma nel loro complesso, potendo dissimulare delle vere e proprie cessioni di rami d’azienda. Pertanto, il Fisco per riqualificare un’operazione commerciale quale cessione di ramo di azienda, deve verificare che vi sia stato in concreto il trasferimento di un’intera organizzazione autonoma, che permetta l’esercizio attuale di un’attività d’impresa, idonea – anche solo potenzialmente – a generare una maggior capacità produttiva (Cassazione, sentenze 27290/17 e 17182/18).
In tal senso si è pronunciata la Ctp di Pavia nella sentenza 167/2/18 (presidente Tateo, relatore Rossanigo) affermando che l’interruzione anticipata di un contratto di distribuzione con trasferimento di un dipendente non configura cessione di ramo d’azienda.
Una società italiana aveva ceduto un proprio ramo commerciale a un’impresa svizzera, sua consociata, mantenendo la lavorazione e produzione dei beni, mentre le affidava la rivendita dei prodotti in via esclusiva nel mercato italiano, mettendo a disposizione della società svizzera, per tale operazione, parte del proprio personale. Dati gli scarsi margini di guadagno per insufficienti ricavi sulle vendite in Italia, la società estera aveva chiesto il recesso dal contratto dietro pagamento di un indennizzo. Il Fisco rettificava quindi il reddito d’impresa, rideterminando sia il valore di avviamento della cessione, sia il prezzo corrisposto a titolo di indennizzo per la risoluzione anticipata del contratto di distribuzione che dissimulava, a detta dell’ufficio, un trasferimento d’azienda.
La Ctr ha annullato l’accertamento. Per i giudici, la risoluzione del contratto non configura una cessione d’azienda per mancato trasferimento di un’unità economica in modo stabile, considerato che, a seguito della risoluzione, la società italiana ha interrotto il rapporto di lavoro con i dipendenti e l’impresa svizzera ha assunto nuovo personale. In definitiva, la risoluzione del contratto di distribuzione accompagnata dal licenziamento dei dipendenti non può configurarsi come cessione di ramo d’azienda, oltretutto con la prosecuzione dei rapporti commerciali tra le due imprese, il mantenimento in capo alla società estera della titolarità dei rapporti commerciali con l’estero e della produzione in capo alla società italiana.

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Non sequestrabile la casa del coniuge se c’è l’omologa

18 Gennaio 2019

Il Sole 24 Ore 28 DICEMBRE 2018 di Laura Ambrosi

CASSAZIONE

Per la Cassazione non conta la trascrizione ma la reale disponibilità

Non si può sequestrare l’immobile assegnato in sede di separazione consensuale alla moglie se il marito imprenditore è indagato per l’utilizzo di false fatture, salvo non si dimostri che sia rimasto nella sua disponibilità. A nulla rileva che l’omologa della separazione non sia stata trascritta prima della misura cautelare. A fornire questo principio è la Cassazione, sezione III penale, con la sentenza 58327, depositata ieri.
Un imprenditore era indagato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture. In tale contesto era disposto il sequestro preventivo per equivalente dell’immobile trasferito pochi mesi prima alla ex moglie in sede di separazione consensuale a seguito di decreto di omologa.
Entrambi ricorrevano al tribunale del riesame, che però respingeva i gravami: nei confronti del marito perché si era dichiarato non proprietario del bene e non era dunque legittimato all’impugnazione ritenuta inammissibile, nei confronti della moglie perché l’omologa risultava inopponibile in quanto non trascritta prima del sequestro.
Veniva così proposto ricorso per Cassazione dalla moglie, la quale segnalava la proprietà dell’immobile sequestrato e la possibilità di chiedere il riesame del provvedimento eseguito nei suoi confronti (in qualità di terzo).
I giudici di legittimità hanno accolto l’impugnazione. Secondo la Corte il sequestro preventivo per equivalente può certamente riguardare beni di terzi purché però l’indagato ne abbia la disponibilità, con la conseguenza che la legittimazione non è legata soltanto alla proprietà ma anche alla disponibilità del bene
Il giudice che dispone la misura cautelare è tenuto a indicare soltanto il valore dell’importo da sequestrare mentre l’individuazione specifica dei beni da aggredire e la verifica del rispettivo valore è riservata alla fase esecutiva demandata al Pm. L’assenza di tale elementi non inficiano quindi il prevedimento cautelare. Tuttavia, ove l’individuazione dei beni avvenga in sede esecutiva il terzo che si limita a rivendicarne l’esclusiva titolarità è legittimato a proporre richiesta di riesame.
Nella specie il Tribunale aveva escluso la disponibilità dell’immobile in capo al marito, tanto da ritenere inammissibile il suo ricorso, e non ha contestato l’immediata efficacia traslativa della proprietà del bene assegnato alla coniuge in sede di omologazione della separazione, rilevando soltanto la non opponibilità in quanto non trascritta prima del sequestro.
Tuttavia, a questi fini non rileva tale trascrizione ma l’effettivo trasferimento della proprietà quale conseguenza di un provvedimento giudiziale con data certa anteriore all’emissione del sequestro. Il trasferimento della proprietà è quindi avvenuto, a prescindere dalla mancata trascrizione dell’omologa per cui era necessaria la prova, ai fini della legittimità del provvedimento, che l’indagato ne avesse mantenuto la disponibilità. Poiché nella specie ciò non è avvenuto, la Cassazione ha disposto il dissequestro e la restituzione dell’immobile all’interessata.

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